La possibile vittoria di Trump era l’ultimo baluardo contro la globalizzazione agonizzante e contro la devastazione ormai totale dei valori dell’occidente, dei valori conquistati dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’argine al totale sfascio della nostra società di quel poco che ancora rimane di quelle lotte di quelle conquiste.

Un argine alla Cina, un argine al nuovo totemico faro dei nuovi internazionalisti che hanno esportato capitali, distrutto diritti, importato povertà. Un argine contro chi ha distrutto la vita, i progetti e le speranze di milioni di cittadini occidentali. Epigono emblematico della globalizzazione tout court fu l’ex presidente USA, Obama (il 44°); nel suo discorso di insediamento declamò orgogliosamente: “…non abbiamo il passato, abbiamo solo il futuro…”.

Ecco con la seconda vittoria di Trump, quell’aspetto ideologico e “dogmatico” della globalizzazione è finito. Oggi la vittoria di Trump si è concretizzata.

Il popolo che lo ha eletto e chi vuole una cancellazione dell’aspetto ideologico della globalizzazione e della riduzione delle storture e dei nefasti estremismi, spera che dalle parole si passi a fatti, sempre che Trump non venga “eliminato” giudiziariamente o fisicamente (la cronaca degli ultimi mesi insegna…)

Chiosa di costume.

Come 8 anni fa, la pletora dei fautori, dei sostenitori, dei fautori della maledetta globalizzazione, degli emuli ed eredi dei Clinton, dei Blair, dei Delors, dei Prodi, dei Ciampi, degli Hollande, della Merkel, dei Schroder (la lista è lunghissima compreso la maggior parte degli organi di stampa), stanno vivendo un momento di profonda mestizia e scoramento che nemmeno le celebrazioni funebri del Milite Ignota raggiunse tale livello.

Massimo Puricelli

Castellanza (VA)