A Reggio Emilia i richiedenti asilo ospitati in albergo hanno inscenato una protesta, lamentandosi per la qualità del cibo e per la ripetitività delle pietanze (ogni giorno piatto di pasta o di riso); il prefetto ha disposto l’ assunzione di un cuoco pakistano che prepari i loro piatti tipici.
A Lonato in provincia di Brescia sempre per la qualità e la varietà del cibo richiedenti asilo erigono barricate lunga la provinciale che collega la cittadina bresciana a Castiglione delle Stiviere.
Di questi episodi se ne ricordano innumerevoli nel corso di questi anni in cui l’Europa, e in primis il nostro Paese, è meta di arrivo di centinaia di migliaia di persone provenienti dall’Africa, Medioriente, Asia.
Tutte persone che dicono di essere originari da teatri di guerra o che scappano da situazioni di persecuzione politica, religiosa, o, nella maggioranza dei casi, per ragioni economiche.
Le norme vigenti in materia di immigrazione consentono l’accoglienza a coloro che viene riconosciuto lo status di rifugiati concedendo l’ asilo politico.
Uno status che concerne un’ esigua minoranza di richiedenti.
Secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni, nell’anno 2015 ha ottenuto il diritto come rifugiato il 5%(colui che rischia una persecuzione personale nel suo Paese d’origine e che gode della Protezione Internazionale), la protezione sussidiaria il 14% (pericolo di subire grave danno per situazioni generali pericolose esistenti nel Paese d’origine), umanitaria (persone che non si ravvisano le condizioni della Protezione Internazionale, ma che per ragioni “umanitarie” viene concesso un permesso di soggiorno di un anno) il 22%; le domande respinte ammontano al 58%.
Queste categorie e la normativa vigente fanno fede alla Convezione di Ginevra sottoscritta nel 1951.
Qualunque sia lo status degli immigrati, qualunque siano i diritti spettanti, lo Stato italiano dovrebbe includere “nell’assistenza” garantita che costa 35 euro giornalieri, una lezione settimanale tenuta da uno dei nostri cittadini che ha avuto la sventura di vivere durante il periodo della II Guerra Mondiale e che ci onorano di far parte ancora di questo mondo terreno.
Donne e uomini che hanno affrontato i duri anni del conflitto mondiale che ha letteralmente distrutto il nostro Paese riducendolo ad un enorme montagna di rovine e macerie; una nazione in ginocchio con quasi 500 mila morti e milioni di feriti e di orfani.
Il cibo era scarso e la popolazione moriva letteralmente di fame; numerose malattie legate alla malnutrizione (pellagra diffusissima, il vaiolo, il tifo esantematico, la tubercolosi, ecc.) mietevano migliaia di vittime ogni anno e l’aspettativa di vita si attestava attorno i 59 anni.
I pasti che venivano consumati (spessissimo soltanto uno al giorno) erano costituiti da un piatto unico composto da polenta (il “maragasc”-la pannocchia era l’emblema della Pianura Padana), poca pasta o riso, pane nero, qualche verdura, la frutta era una rarità, così come la carne e lo zucchero era razionato, il caffè era un surrogato prodotto con la cicoria, il tutto acquistato con le tessere annonarie negli spacci autorizzati.
Questa era la situazione esistente, poi le persone benestanti riuscivano a reperire altri generi alimentari tramite la “borsa nera” a prezzi esorbitanti, ma la fame era una “morsa” che attanagliava lo stomaco e l’intestino di tutti.
Ecco, questi nostri anziani “assunti” dal Ministero degli Interni racconteranno ai “richiedenti asilo” che manifestano e protestano vivacemente perchè il cibo che gli viene somministrato non è di loro gradimento, cosa mangiavano durante la guerra. Potranno narrare e spiegargli che anche loro hanno vissuto la tragedia della guerra e della fame e che possono accomunarsi in toto alle persone immigrate ospitate nelle varie strutture alberghiere che sostengono di essere giunti in Europa dopo un periglioso viaggio pur di scappare da teatri di guerra.
Scappano (sostengono loro) dalla guerra e dalla miseria in cerca di una condizione di vita migliore.
Evidentemente quanto viene loro offerto da noi “razzisti, xenofobi, affamatori di mezzo mondo” non è dignitoso e non è sufficiente per alimentare persone aitanti e robuste come coloro che rifiutano le pietanze che vengono somministrate.
Mi sorge un dubbio.
Le loro lamentele, le loro pretese, i loro “gusti culinari” probabilmente sono il frutto, la conseguenza dell’ omologazione generale dei “miseri” valori della globalizzazione mondiale, che ha cancellato i valori fondamentali su cui si erigevano le popolazioni del secolo scorso.
Valori ormai estinti che erano “presenti” su quei deschi illuminati dalle luci fioche delle lampadine e delle candele (candele e ceri accesi quando la corrente elettrica saltava durante i bombardamenti aerei), dove la solidarietà e il dono erano ricambiati da una gratitudine profondamente umana, una gratitudine segno di quei tempi.
La gratitudine, specchio della solidarietà ricevuta.
Probabilmente, i migliaia di migranti che sbarcano sulle nostre coste sono attratti principalmente dal lusso ostentato e dall’edonismo dominante nel mondo occidentale, che prevale sui “morsi della fame”.
E’ un dato di fatto, presente nella storia dell’uomo.
Chi ha fame, chi fugge dalla guerra, dalle persecuzioni, dalle violenze, dalle discriminazioni ha sempre “benedetto” e apprezzato un abbondante piatto di pasta o di riso (tralasciamo le schede telefoniche i vestiti che vengono donati e gli smartphone di ultima generazione che i “profughi” utilizzano durante le giornate per “uccidere” la noia che li attanaglia)e ringrazia colui che glieli offre; quelle pietanze sono sempre state considerate come una vera “manna del Cielo”.
Ma la gratitudine, la riconoscenza, sono valori vetusti, antiquati, retrogradi, qualcuno li definirebbe reazionari, come i racconti di vita durante i giorni, le settimane, i mesi, gli anni di guerra del secolo scorso.
Massimo Puricelli
Castellanza (VA)