Bambini Farfalla: nascere senza difese
[dropcap]L[/dropcap]a ricerca Doxa, finanziata da Debra Italia Onlus, rappresenta la prima indagine qualitativa al mondo sulla vita delle persone affette da Epidermolisi Bollosa, rara malattia genetica che colpisce la pelle causando gravi lacerazioni fin dalla nascita.
Debra Italia Onlus ha presentato oggi i risultati della ricerca Doxa “La voce delle persone affette da Epidermolisi Bollosa. Percezione della malattia, dimensioni rilevanti e aspettative per il futuro”, prima indagine qualitativa al mondo sulla condizione dei pazienti affetti da Epidermolisi Bollosa (EB). La ricerca, condotta attraverso interviste, ha visto la partecipazione di più di trenta tra pazienti e caregivers provenienti da tutt’Italia.
Dal 1990 Debra Italia Onlus, si batte per dare voce ai malati di Epidermolisi Bollosa (EB). L’associazione, nata inizialmente con l’intento di offrire sostegno alle famiglie colpite da questa severa malattia, è attualmente impegnata anche nella sensibilizzazione sociale, l’aggiornamento medico-scientifico e la promozione della ricerca. Grazie al suo costante impegno, Debra Italia Onlus è riuscita ad assicurare la nascita e lo sviluppo di centri ospedalieri dedicati alle gestione di pazienti con EB e la formazione personale medico specializzato.
L’Epidermolisi Bollosa è una malattia genetica rara che in Italia colpisce circa 1.000 persone. È una patologia estremamente complessa e dai profondi risvolti psicologici, sia per il paziente sia per i suoi familiari. La sua manifestazione più evidente è riscontrabile nei gravi danni alla pelle, sotto forma di bolle e lacerazioni, tuttavia, essa coinvolge anche diversi organi interni ed è alla base di numerose gravi complicazioni. L’Epidermolisi Bollosa può manifestarsi in tre forme principali, EB semplice (o epidermolitica), EB giunzionale e EB distrofica (o dermolitica). Se le forme lievi consentono la conduzione di un’esistenza normale, le forme più gravi possono essere letali anche in età neonatale o intrauterina. La definizione di “Bambini Farfalla” deriva proprio dall’estrema fragilità cutanea che caratterizza chi soffre di EB.
“Di Epidermolisi Bollosa non si parla e si sa troppo poco. È questo il nostro compito primario, diffonderne la conoscenza e favorire la ricerca di una cura – commenta Cinzia Pilo, Presidente di Debra Italia Onlus e Debra International – Come emerso chiaramente dall’indagine Doxa, l’EB è una patologia multispecialistica, estremamente complessa, che richiede personale medico formato a gestire la malattia e le sue complicanze con accorgimenti e tecniche specifiche. Come genitore di un bambino malato di EB, posso affermare che l’impatto della malattia è decisamente sottovalutato. La gestione quotidiana delle medicazioni è affidata a noi familiari che sopportiamo, perciò, un eccessivo carico non solo fisico ma anche psicologico. Se a tutto ciò sommiamo poi la curiosità indiscreta che la EB desta nelle persone, possiamo intuire il livello di stress psicologico e discriminazione sociale a cui i nostri ragazzi e noi familiari siamo costantemente sottoposti. Questa indagine è fondamentale perché finalmente le persone direttamente coinvolte hanno potuto mettere in luce gli aspetti psico-sociali di maggiore impatto della malattia sui quali occorre lavorare”.
Attraverso l’indagine Doxa, primo esperimento a livello mondiale, sono state raccolte preziose informazioni sulla patologia e sul vissuto dei pazienti e dei loro caregivers. L’indagine ha infatti coinvolto sia un campione di pazienti giovani e adulti sia una quota di genitori quali caregivers di pazienti in età infantile, per un totale di 33 partecipanti provenienti da tutt’Italia. 20 pazienti su 30 soffrivano di EB distrofica recessiva, la forma più grave. Grazie a queste testimonianze, è stato possibile analizzare l’impatto quotidiano della patologia delineando le aree critiche più rilevanti nell’esperienza della malattia, da un punto di vista fisico e psicologico. I risultati delle interviste confermano che da un punto di vista fisico la comparsa di bolle e lacerazioni risulta essere il fattore comune tra tutte le forme di EB, queste manifestazioni sono accompagnate da una serie di altre complicazioni e disfunzioni – quali pseudo-sindattilia, stenosi esofagea, malformazioni della cavità orale, celiachia, stipsi, lacerazioni corneali, lesioni cancerose – che delineano un quadro molto variabile, con un’elevata imprevedibilità.
E’ necessario che il paziente affetto da EB sia seguito dal dermatologo e dal neonatologo, pediatra o medico di famiglia, in funzione dell’eta – dichiara la Dott.ssa El Hachem, Responsabile della Unità Operativa Complessa di Dermatologia Pediatrica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma – Innanzitutto, è necessario garantire una diagnosi precoce di EB e del sottotipo in modo da informare la famiglia sulla prognosi e sulle eventuali complicanze a cui il proprio figlio andrà incontro. Inoltre, è importante avviare la diagnosi genetica per un counseling adeguato. E’ altrettanto indispensabile un approccio multidisciplinare con l’intervento di diversi specialisti per la gestione delle lesioni mucocutanee, delle manifestazioni e complicanze extracutanee di ordine medico o chirurgico. Il coinvolgimento, integrato e coordinato, di specialisti di varie discipline ha lo scopo di assistere in modo globale il paziente affetto, offrendo a lui e alla sua famiglia, nella stessa sede, le necessarie prestazioni specialistiche, mediche, chirurgiche e psico-sociali. Purtroppo, questa modalità di approccio è attualmente possibile solo in pochi centri in Italia”.
Molti, tra i caregivers intervistati, hanno rivelato di vivere in una condizione di costante disagio e difficoltà. Per i pazienti, la mancanza di autonomia rappresenta l’aspetto più invalidante e difficile da accettare, soprattutto con il passaggio all’età adulta. La stessa situazione genera nei caregiver il peso della responsabilità, spesso accompagnata da stati di ansia: la fragilità dei propri cari e l’impossibilità di poter pianificare sul breve e lungo periodo, a causa dei frequenti infortuni ed imprevisti, fa sì che il caregiver viva in uno stato di costante allerta e tensione.
L’approccio al dolore e il ruolo ad esso attribuito da pazienti e caregivers sono un aspetto fondamentale all’interno della ricerca. Il paziente, abituato al dolore sin dalla nascita, sviluppa una resistenza completamente diversa da quella di chi lo assiste e tende a considerare il dolore un handicap secondario se paragonato alle limitazioni pratiche imposte dalla malattia. Infatti, nella conquista dell’indipendenza, sono quest’ultime a rappresentare il reale problema e suscitare frustrazione.
Il caregiver, invece, non essendo in grado di comprendere esattamente l’entità percettiva del dolore, vive con profonda ansia ed impotenza momenti quali bendaggio e medicazioni che il proprio caro deve affrontare ogni giorno. Tra i diversi interventi medico-chirurgici che i pazienti sono spesso costretti a subire nel corso della loro vita, gli interventi chirurgici di ricostruzione della cute delle mani rappresentano i momenti in assoluto più dolorosi. Frequenti sono, purtroppo, anche altri interventi molto critici quali le dilatazioni esofagee e le asportazioni di carcinomi.
Guardando al futuro, tutti gli intervistati auspicano un aumento diffuso della conoscenza sulla EB, sia da un punto di vista tecnico-scientifico, sia sociale. Si sottolinea infatti un’eccessiva disparità di adeguatezza delle cure e della gestione della patologia legata al contesto di residenza.
“E’ necessario che le autorità istituzionali agevolino l’abbattimento delle barriere burocratiche che ostacolano la gestione della patologia – ha commentato su questo punto la Prof.ssa Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano – e contribuiscano con i dovuti finanziamenti a supportare la comunità medico-scientifica nella ricerca di una cura definitiva per questa grave malattia genetica. Personalmente ripongo moltissime speranze nello studio e nella ricerca sull’autoimmunità e le infiammazioni croniche. Recentemente, ci si è mossi verso le prime sperimentazioni farmacologiche e mi auguro che la strada intrapresa si riveli quella del successo”.