Voglio essere totalmente politicamente scorretto.
La butto in politica.
Sì, perchè, il nuovo entertainment che ha soppiantato il calcio non è altro che il sotto-prodotto di due decenni di globalizzazione.
L’esempio più lampante di cosa sia il “nuovo entertainment” è l’ AC Milan 1899.
Il giuoco chiamato football, ormai distrutto dal progetto del nuovo entertainment, con nuove regole (regole che hanno stravolto le basi del vecchio football), valori (solo monetari), clientela (i tifosi sono stati annientati), nuove “cattedrali (più che cattedrali sarebbe meglio definirle centri commerciali), che sono sorti o che sorgeranno sopra le macerie dei vecchi templi simbolo della fede eterna, prodotto della passione chiamata tifo, ha investito in ogni sua componente molte realtà del football, tra cui la Prima squadra di Milano, uno dei più titolati sodalizi, uno dei più vecchi club che hanno scritto la storia di quel meraviglioso sport.
Nessuna sorpresa nel vedere lo sfacelo che sta investendo quella ex realtà con la maglia a strisce verticali rossonere.
La proprietà è un fondo d’investimento americano, ma la nazionalità è solo una formalità, visto che gli interessi spaziano in ogni continente e in ogni settore economico.
Il core business è il profitto senza se e senza ma.
Non poteva essere diverso per il suo recente asset calcistico.
Una finalità espressamente e chiaramente dichiarata non appena i nuovi dirigenti presero possesso del board rossonero.
Rientrare dal loro investimento di 300 e rotti milioni di euro , rivalutazione del brand e rivendita al migliore offerente.
Conseguenza logica e prevedibile l’acquisto di giocatori mediocri, di giovane età con la speranza di generare plusvalenze (che vocabolo orribile, soprattutto utilizzato in taluni contesti). Scelta della guida tecnica di un allenatore senza tante pretese, con meno richieste economiche retributive, e con uno sviluppo progettuale lacunoso e precario. Estremizzazione assoluta della fidelizzazione dei “clienti” con maggiorazione del prezzo dei ticket, chiusura anticipata della campagna abbonamenti, marketing sfrenato e totale sottomissione ai lauti introiti derivanti dalle pay-tv con conseguente disputa della partite ad orari più disagevoli e in giorni della settimana meno consoni.
Mega retribuzioni per i top manager che non “pagheranno”mai di tasca proprio i loro errori, le loro sconfitte. Quasi sempre, al contrario, riceveranno “buone uscite” milionarie (qualcuno si è scordato di quanto ha ottenuto l’ex AD Fassone ?).
Nulla di sorprendente se i risultati derivanti dal rettangolo di gioco (uno dei pochi elementi storici rimasti inalterati del vecchio football) siano scarsi e deludenti.
Nulla di sorprendente se la comunicazione di Casa Milan è completamente indirizzata nei confronti della costruzione del nuovo megacentrocommercialeristorantealbergovetratefantasmagorichetribuneconskybox con al centro un rettangolo verde.
Clienti non più tifosi. Moda, non più sport. edilizia, non più giocatori. Marketing, non più trofei.
Una visione, una politica societaria in linea con il mainstream economico mondiale di un Pianeta “liquido” parafrasando il sociologo polacco Bauman, dove nulla è più evanescente dei nuovi “idoli” che hanno sostituito i valori fondanti e basilari della società del XX secolo.
Neoliberisti tout court, senza nemmeno un pizzico di mitigazione keynesiana.
Capitani dell’alta finanza, che “non sbagliano un colpo”, ma che evidentemente non sono consci di cosa voglia significare in termini economici la sostituzione della passione dei tifosi con la fidelizzazione clientelare.
Come ogni prodotto modaiolo che è scevro di quel sacro fuoco chiamato tifo è caratterizzato da una parabola più o meno lunga.
L’effimero edonismo di qualunque prodotto modaiolo è il solo carattere imprescindibile e certo.
Così sarà anche per il nuovo entertainment.
Se qualcuno crede che tale “previsione” sia dettata dagli insuccessi sul campo del Milan, si sbaglia totalmente.
Se “Atene piange, Sparta non ride”, o almeno è ebbra di felicità per il primo posto in classifica e il progetto a lungo termine del potentato cinese, Suning.
Successi sportivi incanalati in un ambito prettamente economico finanziario di espansione della mega azienda del dragone rosso.
Progetti dei tanti tycoons arabi, americani, russi, ecc., protagonisti della rivoluzione e cancellazione del vecchio football.
Un linea di condotta che potrà generare un enorme crisi finanziaria se le previsioni economiche, le loro scommesse si riveleranno fallaci.
Una crisi finanziaria stile 2008 prodotta da titoli con alto rischio, senza certe garanzie.
E del resto, quali certezze, quali sicure garanzie può fornire il nuovo entertainment, dove la passione è stata immolata sull’altare del business e della “moda” ? Dove procuratori e giocatori sono gli unici a percepire introiti sicuri con un giro d’affari superiore alle stesse società di appartenenza ? Unica soluzione, unica ancora di salvezza saranno i veri tifosi, che potranno far risorgere il “vecchio football” boicottando le estremizzazioni imposte, aprendo la gabbia della fidelizzazione, prendendo coscienza del potere che hanno nelle loro scelte.
Massimo Puricelli
Castellanza(VA)
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