La medicina non è una scienza esatta e la mente dei medici non funziona come un computer. I diabetologi AMD lavorano sul loro essere “umani” per capire come avvengono realmente le scelte di cura e contrastare l’inerzia terapeutica.
Sono troppi i pazienti di tipo 2 che non raggiungono i corretti obiettivi glicemici, perché non viene loro prescritta o intensificata la terapia insulinica. Il problema, noto come inerzia terapeutica, spesso si associa anche all’impiego di farmaci ormai obsoleti e all’incapacità da parte dei medici di prendere coscienza del problema e di attivarsi per risolverlo. Secondo i dati dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), il 50% dei diabetici di tipo 2 inizia l’insulina solo quando l’emoglobina glicata ha superato il 9% e anche quando la terapia è avviata spesso non viene comunque raggiunto un buon controllo metabolico. Con l’obiettivo di indagare i motivi di quest’impasse e accendere i riflettori sui possibili bias che intervengono nei processi decisionali dei diabetologi italiani, AMD organizza il progetto formativo INTENDI 2 (INsulinerzia TErapeutica IN DIabetologia) che si svolgerà giovedì 8 marzo, a Giardini Naxos (Messina).
“La terapia insulinica caratterizza in modo inequivocabile e insostituibile la professione del medico diabetologo”, dichiara Domenico Mannino, Presidente AMD. “Al momento della diagnosi o subito dopo, le linee guida raccomandano la somministrazione di metformina e interventi sullo stile di vita, ma se il target glicemico non viene centrato dopo 3 mesi, dovrebbe far seguito un ‘aggiustamento’ della cura. Si assiste invece a preoccupanti e immotivati ritardi sia nella prescrizione che nell’intensificazione delle terapie contro l’iperglicemia. Scopo del progetto INTENDI 2 è affrontare il problema da una prospettiva inedita: a partire dall’analisi del vissuto e delle esperienze del diabetologo rispetto alla terapia iniettiva, e dallo studio delle mappe decisionali che portano a comportamenti inerti. Evidenze sempre più numerose suggeriscono come, accanto a ostacoli di carattere organizzativo (tempo limitato per le visite, team spesso inadeguati e insufficienti), esistano anche barriere psicologiche che impattano negativamente sui processi mentali, consci e inconsci, alla base delle scelte terapeutiche del medico”.
“Con il progetto Dia&Int (Diabetes Intelligence) abbiamo definito il Core Competence Curriculum del moderno diabetologo, individuandone competenze e attività fondamentali”, spiega Nicoletta Musacchio, Presidente della Fondazione AMD. “Pertanto, i diabetologi sanno quello che dovrebbero fare per essere davvero efficaci nel loro lavoro. Eppure, c’è uno scollamento fra questa conoscenza ‘ideale’ e i loro reali atteggiamenti. A questo proposito i risultati dello studio Brain&Dia sono stati sorprendenti: tra i diabetologi italiani è emersa molta difficoltà nella gestione della cronicità, una presa di distanza dalle proprie emozioni, la sopravvalutazione e il fraintendimento della comunicazione verbale, la mancanza di consapevolezza del proprio vissuto e, aspetto del tutto inatteso, la presenza di forti pregiudizi verso la terapia insulinica. Non esiste quindi un percorso lineare che dalle conoscenze scientifiche porta a coerenti scelte terapeutiche. La reale mappa decisionale è più complessa, l’organic knowledge management suggerisce come procedimenti inconsapevoli e scorciatoie mentali portino all’errore. La formazione dei moderni professionisti della salute deve passare anche dalla consapevolezza e dall’analisi di questi aspetti”.
“Prendere coscienza del problema è il primo passo per uscire dall’impasse dell’inerzia terapeutica”, fa notare Maria Antonietta Pellegrini, componente del Consiglio Direttivo Nazionale della Fondazione AMD. “Spesso, infatti, i diabetologi stessi non sono consapevoli dei propri errori. Durante il corso cercheremo quindi di approfondire i processi che sottendono le nostre decisioni per promuovere un reale cambiamento. Attingendo al lavoro del premio Nobel per l’economia Richard Thaler, vedremo come i limiti cognitivi degli esseri umani ne influenzano le scelte. Affronteremo anche il problema delle barriere organizzative che rendono più faticoso il lavoro del diabetologo e allontanano dall’appropriatezza. Carenza di personale dedicato alla formazione dei pazienti, visite sempre più veloci, burocrazia che arriva ad assorbire il 45% del tempo lavorativo del medico sono tutti impedimenti che portano a insoddisfazione, burnout e aumento dei tassi d’errore”.
“Un’ulteriore analisi per comprendere il fenomeno dell’inerzia terapeutica sarà quella condotta a livello delle emozioni e del vissuto del medico, che in qualche modo hanno fortificato un comportamento fino a configurarlo come un’abitudine se non un vero e proprio automatismo”, evidenzia Anna Ercoli, psicologa e componente del board scientifico di INTENDI 2. “Le esperienze pregresse formano spesso uno zoccolo duro che difficilmente viene scardinato per lasciare spazio all’acquisizione di nuovi concetti e di nuove opportunità. Di fronte alle difficoltà della prassi quotidiana, è molto più ‘comodo’ e veloce ripiegare sui soliti comportamenti, piuttosto che attivare nuove strategie. Durante il corso cercheremo quindi di lavorare proprio sulla motivazione e sulla capacità di rinnovamento dei diabetologi”.