Come voteranno gli italiani domenica? 4 fattori che influenzano la scelta nell’urna secondo le neuroscienze
Tra due giorni oltre 47 milioni di persone saranno chiamate a scegliere il Parlamento dei prossimi cinque anni. I leader dei partiti politici hanno provato in ogni modo a far capire ai cittadini quali siano le proposte e i programmi politici, usando i più disparati mezzi di comunicazione, dal vecchio volantino elettorale alle dirette TikTok.
Ma tutto questo quanto incide davvero sulle scelte degli elettori al seggio?
In realtà le persone al momento del voto non si comportano in modo razionale e le scelte seguono vie poco lineari. Negli ultimi 20 anni, gli studi neuroscientifici hanno permesso di identificare alcuni pattern che influenzano, spesso inconsapevolmente, la maggioranza delle persone alle urne. Se gli esseri umani fossero razionali, il voto funzionerebbe in questo modo: ogni persona, studierebbe in dettaglio i programmi dei partiti, applicherebbe ad ogni affermazione una percentuale di realizzabilità e poi sceglierebbe il partito che rappresenta la massimizzazione del proprio beneficio considerando le azioni attuabili. Tutti i condizionali sono d’obbligo, ma la realtà è ben diversa.
Vediamo dunque quattro principali ragionamenti che ci condizionano dentro le urne, anche se non ce ne rendiamo conto.
Non mi riconosco, ma almeno non ci perdo. Arceneaux, nei suoi esperimenti, ha dimostrato che le scelte delle persone sono influenzate dal numero di immagini di paura che vedono prima di decidere. In un contesto di preoccupazione, inoltre, si attiva intensamente l’avversione alle perdite: tutti noi quando scegliamo siamo più preoccupati di perdere (un bonus, un certo privilegio, uno sgravio fiscale…) che di vincere (aumento di reddito per maggiore produttività, minor tempo sprecato nella burocrazia…). Questa dinamica è estremizzata nei contesti ansiosi. In un momento come questo dove c’è un alto livello di preoccupazione diffusa, le persone tendono a scegliere l’opzione che riduce le perdite, anche quando si tratta del voto politico. Parlando di tasse, per esempio, la proposta della flat tax risulta allettante perché promette una riduzione delle tasse che vengono vissute dal cervello come una perdita. Stesso discorso si può fare sul mantenimento del reddito di cittadinanza e sulla sua revisione. Qualunque valutazione sulla fattibilità e la sostenibilità nel tempo dei diversi programmi elettorali non entra nella decisione: sotto stress a causa dell’inflazione, della guerra e del covid, le persone voteranno per chi pensano le farà perdere di meno, anche se non si sentono perfettamente rappresentate.
Tutto mi conferma la mia idea. Nel 2020, in Physical Review X, un team di ricercatori ha dimostrato che i social network creano “Echo chambers”, ovvero camere con l’eco. Per via del meccanismo della distorsione della conferma, le persone, in un mare di informazioni, prestano attenzione a ciò che conoscono, un fenomeno amplificato proprio dai social network. Questo vale anche per le notizie, non solo per i prodotti. Il risultato è che le persone vengono esposte attraverso gli algoritmi solo alle informazioni preferite e quindi tendono a riconfermare la scelta iniziale, senza considerare tesi differenti. E se i media tradizionali sono tenuti a rispettare la par condicio e a dare pari visibilità a tutte le proposte elettorali, sui social invece, proprio per i meccanismi descritti, viene continuamente rafforzato l’eco di quello che già si pensa, con il risultato che le posizioni personali divengono sempre più rigide.
Se sono indeciso, non voto. La dinamica della conferma e quella dell’echo chamber valgono anche per gli indecisi. Per quanti sforzi abbiano fatto i partiti politici e i loro leader nel coinvolgere e appellarsi all’importanza del voto, infatti, continuano a esserci milioni di italiani che si asterranno, in parte per motivi di disaffezione e mancata rappresentanza, ma anche perché l’algoritmo dei social network, riconoscendo in alcune persone il disinteresse per la politica, non ha mostrato loro in queste settimane alcun contenuto che potesse risvegliare la voglia di esprimersi, esporsi e mettersi in gioco con il proprio voto per la cosa pubblica.
Non ti capisco, non ti voto. Argomenti come la riduzione del cuneo fiscale, le strategie legate all’energia o la stabilità del posizionamento internazionale che sono stati cavalcati da alcune forze politiche in questa campagna elettorale sono troppo complessi per la maggioranza delle persone. E questo è facilmente misurabile. Il Neurovendita Lab ha studiato il modificarsi del diametro pupillare in alcune persone mentre ascoltavano i vari leader nazionali presentare i punti dei programmi elettorali. Più un tema richiede sforzo mentale, maggiormente la pupilla riduce il proprio diametro e i temi presi ad esempio sono risultati tra quelli che hanno provocato una costrizione maggiore del diametro pupillare. Richiedono cioè più attenzione, concentrazione ed energia mentale in chi ascolta, per questo risultano meno persuasivi di altri più semplici da comprendere. E quindi meno efficaci sull’opinione pubblica.
Lorenzo Dornetti, psicologo e neuroscienziato*