Il luogo del rendez-vous è il CMC, ovvero il Centro Culturale di Milano in Largo Corsia dei Servi al numero 4, tra Duomo e Piazza San Babila, nel palazzo disegnato dallo Studio Caccia Dominioni, già per sé stesso interessante da visitare perché al piano interrato sono visibili, coperti da una struttura di spesso vetro, ruderi delle Terme Erculee romane del II secolo d.C. .
Nato nel 1981 e diretto da Camillo Fornasieri, il Centro è un elegante luogo di convegni culturali, di presentazione di libri e di mostre d’arte. In questo caso, l’ampio spazio che aveva ospitato retrospettive di Carlo Carrà, di Mario Funi piuttosto che di Edward Burtynsky, accoglie opere di Esodo Pratelli che, nella sua lunga, piacevole vita d’artista (1892-1983), ha spaziato tra pittura, suo grande amore, scenografia teatrale e anche cinematografia, dove ha operato dagli anni ‘35 ai ‘50 del novecento, in qualità di regista.
A fare da esplicativo sottofondo alla mostra, è un pregevole volume monografico. I nomi dell’editore, Silvana Editoriale e della curatrice, Elena Pontiggia sono entrambi sinonimo di garanzia.
Della pittura dell’eclettico artista la Pontiggia scrive: ” Merita di essere conosciuta per l’intensità di tanti suoi esiti, ma anche per l’esprit de finesse che la percorre. I suoi colori delicati, le sue raffinate composizioni di figure, i suoi temi confidenziali, i suoi paesaggi urbani e i suoi paesaggi senza aggettivi, tutta la sua traiettoria stilistica, insomma, dal simbolismo, al futurismo, al “Novecento”, cui vanno aggiunti i suoi ultimi decenni tutt’altro che senili, hanno troppo valore per essere relegati nella “Scatola delle cose dimenticate”, come l’artista intitola un quadro del 1967, che è anche una trasparente metafora della sua vicenda espressiva”.
Nella maturità, infatti, sembra godere del rallentarsi dei ritmi travolgenti della sua vita pubblica ed apprezzare le scene intime e tenere del quotidiano che descrive con colori dalle tonalità morbide e luminose.
Forse raccolta e conservata gelosamente nella sua cara “Scatola..” vede la propria pittura, tanto diversa ormai dal trend artistico vigente al momento, a cominciare dall’imperante Pop Art che, volutamente grossier, non gli appartiene e non sembra neanche divertirlo.
Onnipresente nella sua creazione artistica, se non unica protagonista, è sempre la Natura, sia nel periodo Simbolista, come nel Novecento. Perfino il Futurismo, rappresentato notoriamente da “movimento” e da “macchine rombanti”, nelle opere di Pratelli appare contraddistinto dalla predominanza della natura.
Così anche nell’emblematico “Case sotto la neve” del 1914 le linee sfreccianti e quasi violente del disegno appaiono dominate dalla luminosità abbagliante dell’elemento naturale che attira l’attenzione e si rivela il vero protagonista.
Oltre a pittura ad olio, la mostra espone acquerelli, tempere, disegni a carboncino, pezzi di ceramica e perfino arazzi, tecnica usata nell’ “Aviatore Dro” del 1913, lavoro simbolista creato per la scenografia di un’opera lirica. Sia il percorso artistico, sia l’attività cinematografica appaiono ampiamente descritti da fotografie e documenti storici.
Si spazia da Lugo-Ravenna, suo luogo natale, a Roma, dove ha vissuto lungamente, da Milano, dove è stato docente e direttore della Scuola d’Arte Applicata del Castello Sforzesco, a Parigi, a Zurigo ad Amsterdam, sedi negli anni delle sue mostre.
Tra Biennali, Triennali, Quadriennali ed Esposizioni Internazionali non si è fatto mancare proprio nulla.
Il seguire passo per passo il tragitto segnato da opere di una pittura che la stessa Sarfatti vedeva avviarsi verso concetti di libertà, apertura e spontaneità, può rivelarsi non solo un interessante percorso artistico, ma un viaggio nei tempi vissuti dai nostri genitori, nonni o bisnonni, senza paraocchi…
Testo e foto di Maria Luisa Bonivento.