Anca, femore e bacino sono le fratture più temute nella terza età, solo nominarle evoca scenari devastanti: dall’immobilità, alla disabilità sino alla mortalità precoce. Studi condotti negli Stati Uniti documentano che il 45-68% dei soggetti affetti da Parkinson ha almeno una caduta all’anno, e che almeno il 66% dei pazienti che cadono lo fanno in modo ricorrente. In Inghilterra le fratture negli over 60 colpiscono 550 persone su 100mila ma se la persona è affetta da Parkinson i numeri cambiano drammaticamente e salgono a più di 2.100 ogni 100mila. Più di 4 volte tanto.
I parkinsoniani non muoiono della loro malattia ma per le sue conseguenze indirette, tra queste le cadute e i traumi accidentali. In agguato proprio a causa dei sintomi motori della malattia che oltre al noto tremore degli arti a riposo compromette ben presto in maniera significativa la postura, il movimento, il passo, la camminata.
Sintomi motori al centro della malattia, freezing del cammino (momenti di “congelamento”) e paura di cadere – La malattia di Parkinson vede nei sintomi motori il target primario: dalla mancanza di equilibrio all’incertezza del passo e della postura, a cui si aggiunge il fenomeno del ‘freezing’, della marcia, a causa del quale il paziente non riesce a iniziare il movimento o mentre lo sta eseguendo si immobilizza e rimane ‘bloccato’, come congelato, da qui il nome del disturbo. Il freezing, insieme alla paura di cadere, è tra i fattori principali della perdita di autonomia nei pazienti Parkinsoniani.
“Tutte queste funzioni diventano progressivamente alterate con un peggioramento progressivo anche della qualità della vita” ricorda il Prof. Mauro Porta, responsabile del Centro Malattie Extrapiramidali dell’IRCCS Galeazzi – GSD – di Milano “Il Parkinson infatti è prima di tutto un disturbo del movimento che aumenta esponenzialmente il rischio di fratture di anca e bacino, con esiti spesso infausti se pensiamo che il 10% dei soggetti muore per complicanze entro 30gg e meno della metà è in condizioni di tornare a casa. Nelle persone sane con più di 50 anni è stato stimato che 1 donna su 2 e un uomo su 5 incorre in un trauma ortopedico importante almeno una volta nella vita. Nei soggetti con il Parkinson le percentuali incrementano verticalmente ma l’epidemiologia di genere si inverte, mettendo i maschi in una condizione di maggiore fragilità, in parte a causa del fatto che è una malattia che colpisce il sesso maschile con una frequenza maggiore del 50%”.
La frattura rappresenta quindi lo ‘stargate’ verso la perdita dell’indipendenza – Secondo una ricerca pubblicata su PlosOne nel 2014 (a) che ha analizzato le cartelle cliniche di 880mila americani dai 65 anni in su nel periodo che va dal 2004 al 2009, i soggetti con Parkinson mostrano un rischio doppio di fratturarsi il femore con un pericolo più alto tra i maschi di 2.6 volte rispetto alle femmine che presentano un rischio elevato di 1.79 volte. Mentre altre ricerche in Nord America ed Europa hanno quantificato il rischio di 3.9 volte in più sommando femore, anca e bacino.
Mortalità precoce alle stelle dopo una caduta – I pazienti con Parkinson hanno mediamente una densità ossea minore a causa proprio della perdita della capacità di movimento, soffrono di una osteopenìa cronica (manca lo stimolo dei muscoli sull’osso a produrre nuovo tessuto) a cui si aggiunge l’elevato rischio di traumi e cadute che spesso devono essere trattati con la chirurgia. Quando si interviene chirurgicamente, ai problemi riabilitativi si aggiungono quelli legati all’intervento, come i rischi anestesiologici e clinici che aumentano esponenzialmente: polmoniti (si verifica nell’8,6% dei parkinsoniani rispetto all’1,2% dei sani), infezioni urinarie, complicazioni chirurgiche e post chirurgiche come le piaghe da decubito oltre a dislocazioni, fallimenti nella fissazione delle protesi, infezioni e aumentato rischio di fratture controlaterali. Lo studio pubblicato (b) sul British Medical Bullettin sottolinea come una frattura di anca in un soggetto con Parkinson pone il paziente in condizioni di aver bisogno di una assistenza continua se non il ricovero in una struttura residenziale nel 41,4% dei casi rispetto al 21,2% di un soggetto anziano non malato.
Fondamentale la prevenzione e le tecniche di riabilitazione – Uno studio italiano ideato e promosso dal Prof. Fabrizio Stocchi, dell’IRCCS San Raffaele Pisana di Roma, e dalla Dott.ssa Maria Francesca De Pandis, dell’IRCCS San Raffaele di Cassino, con la partecipazione del Laboratorio di Analisi del Movimento “Luigi Divieti” del Dipartimento di Elettronica, Informatica e Bioingegneria (DEIB) del Politecnico di Milano e pubblicato sull’International Journal of Engineering and Innovative Technology (IJEIT) ha evidenziato come il trattamento di Stimolazione Automatica Meccanica Periferica (AMPS) consente di ridurre, sin dalla prima applicazione, la disabilità motoria e il rischio di cadute. Spiega il Prof. Fabrizio Stocchi, principal investigator degli studi: “Lo studio ha coinvolto 30 soggetti: un gruppo di 15 parkinsoniani, ed un gruppo di controllo di 15 soggetti sani simili per età, sesso e caratteristiche fisiche. Le misurazioni sono state effettuate prima e dopo la stimolazione AMPS (Automated Mechanical Peripheral Stimulation o Stimolazione Meccanica Automatica Periferica) erogata con il dispositivo medico GONDOLA®”. Il trial si è basato sul test Timed Up and Go (TUG), una prova clinica normalmente utilizzata per calcolare il rischio di caduta attraverso un accelerometro che viene indossato dal paziente. Durante il test viene misurato il tempo necessario ad alzarsi da una sedia, percorrere la distanza di tre metri, girarsi, tornare alla sedia e sedersi nuovamente. Un risultato fino a 10 secondi indica mobilità normale, da 11 a 20 secondi rientra nella norma per persone anziane o con leggeri problemi di mobilità mentre tempi superiori a 20 secondi indicano che la persona richiede assistenza. In particolare i tempi superiori a 14 secondi indicano probabilità di cadute.
Valori migliori del 50% dopo la Stimolazione Meccanica Automatica Periferica – “Lo studio, ha dimostrato”, prosegue il Prof Stocchi, “che la Terapia AMPS erogata con GONDOLA® ha un effetto positivo sulla bradicinesia (il rallentamento nell’esecuzione dei movimenti) e migliora la velocità del cammino, nonché la lunghezza del passo e la stabilità dell’andatura durante il movimento: nello studio, il miglioramento di alcuni parametri è stato maggiore del 50% del valore di base. Il confronto delle misurazioni effettuate sui pazienti pre e post trattamento evidenzia che, dopo il trattamento, i pazienti mostrano miglioramenti in tutti i parametri motori: accelerazione nella fase di elevazione dalla sedia e di seduta, velocità del cammino nei tratti di andata e di ritorno, velocità di rotazione per il cambio di direzione”.
Questi miglioramenti hanno un effetto diretto e importante nella riduzione del rischio di caduta dei pazienti con Parkinson e, di conseguenza, nella riduzione dei danni collaterali. Restituire sicurezza nel cammino ed equilibrio porta quindi benefici alla salute e alla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, oltre che a determinare una riduzione dei costi per il Sistema Sanitario e Assistenziale.
La Stimolazione Meccanica Automatica Periferica (AMPS), una terapia per i sintomi motori – Nata dopo lunghe ricerche e sperimentazioni, la Terapia AMPS consiste in un trattamento non invasivo di stimolazione meccanica di specifiche aree della superficie dei piedi. Uno studio clinico, pubblicato su PlosOne, condotto dal Dott. Carlo Cosimo Quattrocchi, Ricercatore di Diagnostica per Immagini e Neuroradiologia all’Università Campus Biomedico di Roma, ha evidenziato “che il trattamento AMPS risulta indurre un aumento delle connessioni neurali nelle regioni cerebrali coinvolte sia nella gestione del movimento che nell’analisi dello spazio circostante, avendo effetto su quelle aree cerebrali che nei pazienti parkinsoniani vengono abitualmente reclutate per compensare i deficit conseguenti alla malattia”.
Proprio questa attivazione cerebrale appare costituire il fondamento neurofisiologico alla base dei benefici immediati sperimentati dai pazienti che hanno avuto una risposta positiva al trattamento.
La Terapia AMPS viene erogata attraverso il dispositivo medico GONDOLA®, un device personale, pensato per il trattamento domiciliare da parte dello stesso paziente, che si compone di due unità che vengono calzate ai piedi mentre è sdraiato. Il ciclo di terapia dura meno di due minuti, e i benefici rimangono da tre giorni fino ad un massimo di cinque dopo l’applicazione, dopodiché il trattamento deve essere ripetuto. Questa nuova terapia si affianca a quella farmacologica e completa il piano terapeutico del paziente, soprattutto nelle fasi intermedia ed avanzata della malattia.
Il Parkinson in cifre: Colpisce circa il 3 per mille della popolazione, incidenza che sale all’1 percento nelle persone con più di 65 anni. In Italia le persone che vivono con il Parkinson sono circa 250mila, un numero che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene raddoppierà entro il 2040, principalmente a causa del progressivo aumento dell’età media della popolazione. Come tutte le patologie neurodegenerative fa paura ed evoca lo spettro della disabilità e della perdita di autonomia. Nonostante le terapie farmacologiche siano efficaci per un’ampia gamma di sintomi, in molti pazienti restano numerosi disturbi motori che non vengono trattati.