L’incidenza dell’autismo, malattia su cui la Giornata Mondiale dell’Autismo- 2 aprile 2021- vuole accendere un faro, è aumentata significativamente negli ultimi anni.
Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, in Italia 1 bambino su 77 (nella fascia d’età compresa tra i 7 e i 9 anni) presenta questo disturbo e la Giornata Mondiale dell’Autismo vuole sottolineare questo rilevante dato.
Anche se i progressi nella diagnosi e una maggiore consapevolezza possono spiegare in parte questo fenomeno, molti ricercatori attribuiscono l’incremento dei casi negli ultimi due decenni a fattori genetici e ambientali.
Lo studio intitolato “Sperm DNA Methylation Epimutation Biomarker for Paternal Offspring Autism Susceptibility “, recentemente pubblicato sulla rivista Clinical Epigenetics, mostra come alcuni biomarcatori identificati nello sperma potrebbero indicare la predisposizione maschile a concepire bambini affetti da autismo.
“Questi biomarcatori sono epigenetici, ovvero possono provocare dei cambiamenti nei fattori molecolari che regolano l’attività del genoma, come l’espressione genica, indipendentemente dalla sequenza del DNA.
Questo, in alcuni casi, potrebbe provocare il disturbo autistico non solo nei propri figli, ma anche trasmetterlo alle generazioni future”, ha spiegato il Dott. Nicolás Garrido, Direttore della Fondazione IVI e autore dello studio.
I ricercatori hanno confrontato dei campioni di sperma di uomini che hanno concepito bambini affetti da autismo con quelli di padri di bambini senza ASD. Tale esame ha rivelato, nello sperma di coloro che hanno concepito bambini affetti da autismo, la presenza di alcuni biomarcatori specifici, all’interno delle cosiddette “regioni di metilazione del DNA” – un’alterazione chimica che si verifica quando un gruppo metile si attacca a un filamento di DNA e può attivare o disattivare i geni.
In una seconda fase, partendo da queste caratteristiche, i ricercatori sono stati in grado di determinare quali campioni di sperma, tra una serie di campioni problematici in uno studio in cieco, provenissero da genitori di bambini autistici, ottenendo risultati con una precisione del 90%, per dimostrare la capacità predittiva del test.
“In futuro, questo test ci consentirà di determinare se un uomo è ad alto rischio di concepire un figlio con ASD. Si tratta di un enorme passo in avanti verso l’identificazione dei fattori che possono provocare questo disturbo e, nello stesso tempo, verso la definizione di strategie preventive, dato che, in alcuni casi, è possibile ricorrere a dei trattamenti per correggere le alterazioni epigenetiche”, ha spiegato la Dott.ssa Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma.
In questo studio, i ricercatori di IVI, dell’Università di Valencia e della Washington State University hanno analizzato l’epigenetica dello sperma, ovvero i processi molecolari che influenzano l’espressione genica, in due gruppi di uomini: il primo composto da tredici uomini che avevano concepito figli con autismo e il secondo da altrettanti uomini con figli non affetti da ASD, focalizzandosi in modo particolare sulla metilazione del DNA.
I ricercatori hanno rilevato 805 regioni di metilazione differenziale del DNA che potrebbero potenzialmente agire come biomarcatori epigenetici nella trasmissione dell’autismo da parte dei genitori.
Queste conclusioni saranno ampliate con ulteriori ricerche e test, che consentiranno di sviluppare un potenziale strumento medico. A tal fine, i ricercatori IVI, in collaborazione con specialisti provenienti da altri paesi ed istituzioni, stanno già lavorando a uno studio più ampio, con l’intenzione di espandere il campione di ricerca a più di 100 uomini.
“Con ulteriori ricerche, questo biomarcatore ci permetterà di tracciare l’origine e lo sviluppo dei cambiamenti epigenetici. Già alcuni anni fa abbiamo scoperto che i fattori ambientali possono alterare l’epigenetica delle linee germinali dei gameti. Con questo strumento potremmo eseguire studi su un campione di popolazione più ampio, per determinare quali fattori ambientali possono causare tali cambiamenti epigenetici”, ha concluso la Dott.ssa Galliano.
Sofia Contini