Quello che sta accadendo in Bundesliga, ossia, utilizzare tablet e smartphone in panchina, per velocizzare i contatti con il personale medico, in caso di incidente di gioco. Non hanno nulla a che fare con il prevenire l’infortunio.
Pandolfi: “Occorre introdurre nel calcio e nello sport la vera cultura della prevenzione, la tecnologia, usata in questo modo, non serve a nulla, una volta che l’infortunio è accaduto.”
E’ di questi giorni l’annuncio della Lega Tedesca che, nella prossima stagione, permetterà agli allenatori di utilizzare tablet e smartphone, soprattutto per velocizzare i contatti con il personale medico, in caso di infortunio.
“Il problema, però, è che, ancora una volta, si lavora sull’infortunio, solo una volta che, lo stesso, si è manifestato, con le classiche ripercussioni legate sia allo stato di salute dell’atleta, sia sulla competitività del team, sia sul piano economico, considerando compensi giocatori e, costi medici.
Occorre, invece, educare e informare gli addetti ai lavori che, quando si parla di prevenzione, non si può fare affidamento solo ed esclusivamente alla scienza medica e ai suoi professionisti ma, bensì, su una programmazione di lavoro che, coinvolgendo anche i medici, conduce ad una strategia preventiva, ossia capace sia di anticipare una qualunque forma di stress, dell’atleta, ma anche di attuare un protocollo di lavoro attento all’identità dell’atleta stesso.
Anticipare l’infortunio, prevenirlo, significa lavorare sull’autostima dell’atleta, sulla consapevolezza del suo corpo, sull’alimentazione, sulle difese immunitarie. Il calciatore deve entrare in campo completamente bilanciato, in asse, armonico, con una consapevolezza del suo corpo che non ha mai percepito. Non a caso l’UEFA, per prevenire l’infortunio per eccellenza, ossia, quello tendineo/muscolare, ci sta provando dal 2001, con una serie di pubblicazioni concernenti la prevenzione degli infortuni rilevando, in oltre quindici stagioni, ben 13000 casi e 1.800.000 ore di esposizione, nelle 50 squadre analizzate, in 18 Paesi diversi. Ma, al momento, nessun risultato in grado di mostrare il come poter evitare tale infortunio. Questo dovrebbe cominciare, almeno, a farci riflettere o meglio a fare sul serio, nel momento in cui si ha a che fare con la prevenzione e, soprattutto, con la salute della persona – a parlare il Dott. Andrea Pandolfi, ricercatore indipendente e consulente olista, da poco entrato anche nell’orbita del calcio a partire dalle Scuole Calcio per, poi, passare alle Accademy, fino ad arrivare alle singole società sportive, come: Injury Prevention Consultant. Figura professionale innovativa, addetta alla prevenzione e all’azzeramento degli infortuni.
Quando si parla di infortunio, non dobbiamo mai dimenticare che esso, nella sua natura, rappresenta una sconfitta per gli addetti ai lavori. Un’atleta in infermeria rischia di far fallire un progetto di crescita sia a livello professionale, sia a livello di risultati club a fine stagione. Un danno notevole, quindi, che non deve essere sottovalutato, soprattutto da chi investe in quel talento. Ecco perché quando parliamo di prevenzione, dobbiamo avere non solo le idee chiare ma anche progetti ben delineati e capaci di comprendere il perché accade un simile evento. Rimanere in attesa che accada l’evento, non è prevenire. L’infortunio, per essere sconfitto, deve essere compreso nella sua natura reale. Perciò, concentrare tempo e denaro solo su di una prevenzione attenta alla gestione dei fattori esterni, annulla la possibilità reale sia di fare prevenzione, sia di ridurre ed eliminare il rischio infortunio.
“Per agire efficacemente sull’infortunio occorre lavorare su diversi fronti, tutti, egualmente importanti, perché attenti: sia alla ricerca, crescita e gestione del talento; sia a un percorso di educazione comportamentale e caratteriale, per centrare l’autostima; sia a un percorso di educazione alimentare ma diverso da quello che già conosciamo, perché togliere e/o ridurre specifici nutrienti, conducono ad innalzare la soglia di rischio infortunio; sia alla componente stress e ansia da prestazione, perché fonte naturale del come avviene l’infortunio; sia allo studio e decodificazione delle memorie cellulari, perché fondamentali, per comprendere le eventuali cause, che possono determinare l’infortunio.
Un’attenzione a tutto tondo che, una volta attivata e, soprattutto, seguita nel pieno rispetto del protocollo di lavoro, ci garantisce il completo azzeramento dell’infortunio. Affermazione garantita da risultati sul campo, già in essere.
“Spendere denaro in grandi quantità, non garantisce la riuscita del progetto, affidarsi, poi, totalmente, alla tecnologia, come una sorta di contenitore di algoritmi, non significa aver trovato la soluzione. Anni di ricerca, studio e sperimentazione sul campo, mi hanno permesso di costruire strumenti innovativi ed esclusivi, anche tecnologici, che mi consentono di intervenire in maniera diretta, in modo da realizzare un quadro chiaro e, immediato, del perché, quello specifico atleta, rischia di cadere nella trappola dell’infortunio. Ecco, questo significa fare prevenzione e, soprattutto, significa eliminare, realmente, il rischio infortunio. Altro che tablet e smartphone.” – ha concluso Pandolfi.