Miles Davis, il mito
Quanto vale un mito. Ma soprattutto cosa lascia. É difficile oggi individuarne di nuovi. I miti attuali nascono e muoiono con la stessa velocità del mondo contemporaneo.
Mitico è qualcuno che fa qualcosa di speciale, che esce da un ordinario universalmente riconosciuto.
Miles Davis è un artista mitico per antonomasia. Un uomo capace di raccontare una storia recente che va aldilà del jazz e della musica e la cui personalità marcata appare prepotentemente non solo attraverso la sua tromba ma anche nel viso scavato degli ultimi anni, negli occhi profondi che inchiodano lo sguardo e nelle mani rugose che hanno toccato il cuore.
A noi del presente ha lasciato non solo un’icona, ma un soffio che è carezza e graffio. Kind of Miles di Paolo Fresu è un’opera musicale e teatrale che evoca l’universo creativo e visionario dell’immenso musicista scomparso nel 1991.
L’intento è quindi quello di ricostruire la vita e la musica di un artista che ha segnato il Novecento attraverso la voce narrante di un unico autore/attore e attraverso il suo universo sonoro e le sue relazioni artistiche ed umane.
La formazione musicale è composta da diverse personalità e diversi strumenti, acustici ed elettrici, che hanno davvero sottolineato il suo percorso discografico e live sotto il profilo del suono e della ricerca.
Il racconto narrato da Fresu è quello di uno dei personaggi più eccentrici ed influenti della storia recente. Una scrittura intima puntellata da momenti personali di vita vissuta (soprattutto l’apprendistato del jazz a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta), la comparazione con l’alter ego Chet Baker e da storie tratte dalla fiorente letteratura su Davis.
Alcuni dei visual che compongono la scenografia dello spettacolo sono elaborati dal vivo sulla base degli impulsi registrati da alcuni sensori indossati da Paolo Fresu.
Questi sono frutto della ricerca e dello sviluppo della Libera Università di Bolzano e sono parte attiva dello spettacolo.