Presentato all’Ecco – European Cancer Congress – di Amsterdam dal dottor Andrea Necchi dell’Istituto Nazionale dei Tumori lo studio Keynote-045.
La sopravvivenza mediana dei pazienti trattati con pembrolizumab è risultata di 10,3 mesi rispetto ai 7,4 mesi con la chemioterapia, differenza che è risultata essere statisticamente, oltre che clinicamente, significativa. Lo dimostra Keynote-045, studio di fase 3, multicentrico, internazionale, randomizzato, di confronto tra il trattamento con pembrolizumab (anticorpo monoclonale anti PD-1 – Programmed cell Death-1) e il trattamento con chemioterapia scelta dall’investigatore (vinflunina, docetaxel o paclitaxel), in pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico, già trattati con una precedente chemioterapia standard a base di platino.
Presentato al congresso Ecco di Amsterdam dal dottor Andrea Necchi, Oncologo del Dipartimento di Oncologia Medica dell’INT, lo studio è nato con l’obiettivo di mettere a confronto l’efficacia dell’immunoterapia con pembrolizumab rispetto alla chemioterapia convenzionale.
“Lo studio Keynote-045 rappresenta un significativo avanzamento nel trattamento di seconda linea dei pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica e delle vie urinarie, in fase metastatica, dopo il fallimento di un precedente trattamento a base di platino”, spiega il dottor Necchi.
“Pembrolizumab ha inoltre dimostrato un maggiore numero di risposte (cioè la riduzione dimensionale delle sedi di malattia) – illustra Necchi – : 21% rispetto a 11% con chemioterapia, la durata mediana della risposta non è ancora stata raggiunta, mentre è di soli 4,3 mesi con la chemioterapia. Stimiamo che circa il doppio dei pazienti trattati con pembrolizumab sia in grado di mantenere la risposta ad 1 anno di trattamento: 68% rispetto a 35%. I vantaggi di sopravvivenza e risposta sono stati osservati in tutte le categorie di pazienti, indipendentemente dall’espressione del target del farmaco (il PD-L1) da parte del tumore“.
Il profilo di tollerabilità è risultato essere nettamente a favore di pembrolizumab: l’incidenza di effetti collaterali di ogni grado di severità è stata del 61% con pembrolizumab rispetto a 90% con chemioterapia. In particolare, l’incidenza di effetti collaterali di grado severo è stata riportata nel 15% dei casi trattati con pembrolizumab rispetto al 49% dei casi che hanno ricevuto chemioterapia.
Ecco come agisce Pembrolizumab: “Si tratta di un farmaco altamente selettivo, disegnato per legarsi alla proteina chiamata PD-1 (Programmed cell Death-1), presente sulla superficie di alcuni globuli bianchi. Quando pembrolizumab si lega alla sua proteina bersaglio i globuli bianchi possono iniziare ad attaccare il tumore“, approfondisce l’Oncologo.
“Fino a pochi mesi fa non esistevano trattamenti considerati efficaci per questi pazienti. In Europa e in Italia, l’unico farmaco approvato dalle autorità regolatorie per questi pazienti è la vinflunina. Negli Stati Uniti è stato da poco approvato l’utilizzo di atezolizumab, un altro immunoterapico con meccanismo di azione simile a pembrolizumab”, conferma Necchi -. Il reale vantaggio dello studio Keynote-045 è che per la prima volta sono stati presentati risultati di uno studio di confronto con la chemioterapia in questi pazienti, con un livello di evidenza quindi massimo che noi definiamo come Livello 1. La sfida ora è portare un trattamento efficace come pembrolizumab in una fase più precoce di malattia. Per questo motivo in Istituto è attivo uno studio, PURE-01, sponsorizzato da INT con la collaborazione di Merck, che è mirato al trattamento pre-operatorio dei pazienti affetti da carcinoma uroteliale della vescica in fase muscolo-infiltrante, prima della cistectomia radicale. L’obiettivo che ci prefissiamo è di aumentare la possibilità di guarire definitivamente dalla malattia, salvaguardando la qualità della vita dei malati durante il trattamento”.
Necchi sottolinea anche l’importanza di coinvolgere le associazioni di pazienti per portare il più rapidamente possibile nuovi trattamenti, come pembrolizumab, al letto di ogni malato. “E’ il motivo per cui abbiamo creato Palinuro (Pazienti Liberi dalle Neoplasie Uroteliali), un’associazione di pazienti affetti da tumori della vescica che ha l’obiettivo di colmare lo spazio tra i medici e le necessità dei malati. Al fine di sensibilizzare tutte le parti in causa nei confronti di tutti gli aspetti critici legati ai tumori della vescica presenteremo il 2 Febbraio a Roma, al Senato, grazie a FaVo (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia), la versione italiana del Libro Bianco dei tumori della vescica – conclude -. La versione originale del libro, promossa dall’ECPC (European Cancer Patient Coalition) è già stata presentata ad inizio 2016 a Bruxelles”.