Georg Baselitz a Palazzo dei Pio di Carpi è il protagonista della Biennale di Xilografia contemporanea alla sua diciottesima edizione.
Una quarantina di opere realizzate dal grande artista tedesco tra gli anni ottanta e novanta del secolo scorso, provenienti dal Musée d’art et d’histoire – Cabinet d’Art Graphiques di Ginevra, saranno esposte fino al 12 novembre lungo lo splendido loggiato a vetrate che corre intorno al cortile dello storico palazzo. Il sottotitolo della mostra è un provocatorio “ SottoSopra”, poiché nelle opere tutto ciò che è rappresentato, si tratti di donne, teste, aquile o piedi, soggetti che compaiono anche nella coeva produzione pittorica, appare rigorosamente capovolto. L’effetto destabilizzante è fortemente voluto. Si tratta di “provocazione formale che è riuscita ad attirare l’ossessiva attenzione, ma anche il malcelato disorientamento, della critica d’arte internazionale”, come sostiene Enzo di Martino, curatore della mostra.
Una provocazione che Baselitz stesso definisce “la vera meraviglia dell’arte” e che s’identifica con una ribellione che, sovvertendo radicalmente una storica convenzione, consente “una nuova, inedita e sorprendente lettura formale dell’immagine”.
Atteggiamento non solo artistico, ma esistenziale, più che comprensibile in chi abbia nel proprio DNA i grandi movimenti dell’arte tedesca Blaue Reiter, Bauhaus e Die Brucke, sorti in ambito tedesco nel primo Novecento e spazzati via nel 1933, cinque anni prima della nascita di Baselitz, con l’organizzazione della mostra di ”Arte degenerata” in cui vennero date alle fiamme più di cinquemila opere tra dipinti e disegni, fisicamente distrutti, per sempre. Dalla Germania dell’Est, paese vittima prima del nazismo di Hitler e poi del comunismo di Stalin, fuggì in Europa occidentale, trovando rifugio in Italia a Firenze e nell’assolata Imperia che, privilegiata come luogo dell’abitare e possibile antidoto, al pari dell’arte, al suo mal de vivre e al suo disagio esistenziale, lo accoglie ancora oggi quando lascia l’altra sua attuale residenza situata sull’Ammersee in Baviera.
Tratti violenti, aspri contrasti e continui rapporti di sfida scaturiscono dalle opere esposte dove la materia appare “ferita, lacerata dal suo segno duro e aspro che sembra fatto con la punta di un coltello” e dove si rivela pienamente “il suo personale e perfino drammatico, combattimento per l’immagine”.
Perché questa mostra proprio a Carpi? Perché la xilografia è un carattere identitario della cultura e del patrimonio della città grazie a quell’Ugo da Carpi che cinquecento anni fa diede al mondo artistico una tra le più rivoluzionarie invenzioni tecniche ed espressive.
Un fil-rouge che dal Rinascimento italiano ed europeo, porta a Baselitz se si pensa che nella collezione ginevrina figurano preziosissime xilografie e chiaroscuri del primo Cinquecento di Durer e di Ugo da Carpi, donazioni di Baselitz stesso. Una mostra dal respiro internazionale che permette all’affascinante realtà culturale carpigiana di travalicare, ancora una volta, i confini locali.
Testo e foto di Maria Luisa Bonivento