Il disturbo ossessivo-compulsivo colpisce dal 2 al 3% delle persone nell’arco di una vita, indipendentemente dal sesso.
Può esordire nell’infanzia, nell’adolescenza o nella prima età adulta, sebbene in molti casi i primi sintomi si manifestino molto precocemente, nella maggior parte dei casi prima dei 25 anni (il 15% dei soggetti ricorda un esordio intorno ai 10 anni).
Se il disturbo ossessivo compulsivo non viene adeguatamente curato, tende a cronicizzare e ad aggravarsi nel tempo e non sempre i sintomi vengono valutati in modo corretto. E’ importante agire con terapie mirate per iniziare un percorso di cura corretto.
Oltre all’approfondito studio teorico, in oltre trentacinque anni di professione, Francesco Bisagni ha avuto modo di valutare e fronteggiare molteplici casi di pazienti affetti da Disturbo Ossessivo Compulsivo. Questa esperienza ha permesso di affrontare i casi – anche i più difficili – ottenendo risultati terapeutici rilevanti. Da questo esercizio della professione scaturiscono indicazioni e suggerimenti, sia per i pazienti sia per le loro famiglie, che possono essere utili per la cura e l’identificazione della patologia, spesso di difficile controllo se non adeguatamente gestita.
Per disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) si intendono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che innescano angoscia (ossessioni) e “obbligano” la persona ad attuare azioni rituali ripetitive materiali o mentali (compulsioni) per tentare di tenere sotto controllo i pensieri ossessivi.
Secondo il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) il Disturbo Ossessivo Compulsivo si colloca al quarto posto tra i disturbi mentali più invalidanti, dopo la depressione, l’abuso di sostanze e di alcol e la fobia sociale, con una prevalenza dell’1.6% nella popolazione, potendo arrivare nelle forme più gravi a compromettere le normali attività quotidiane della persona che ne è affetta. Quando il DOC colpisce persone in età infantile o adolescenziale può impedire lo sviluppo delle capacità di apprendimento e delle relazioni di gruppo e dunque il normale processo di differenziazione del giovane dalla famiglia di origine, con pesanti ricadute sulla vita futura.
Il DOC, secondo le nuove classificazioni diagnostiche internazionali (DSM-V) deve essere differenziato dal semplice Disturbo Ossessivo di Personalità. Quest’ultimo riguarda la sola presenza di tratti del carattere, quali ostinazione, esagerata tendenza all’ordine, alla simmetria e al controllo, ma senza sintomi evidenti. Il DOC propriamente detto invece implica la presenza chiara di sintomi, appunto i pensieri ossessivi e le contromisure mentali e comportamentali, cioè le compulsioni.
E’ caratteristico delle ossessioni il fatto che vengano percepite dal soggetto come “egodistoniche”, cioè come qualcosa di non voluto, di estraneo e molto spiacevole. Esempi di questi pensieri ossessivi sono le fantasie di aggredire le persone in modo impulsivo e incontrollato, la credenza magica che a certi comportamenti o pensieri corrispondano effetti concreti su di sé o sugli altri (in modo irrealistico), l’irruzione di pensieri blasfemi o pornografici in luoghi e circostanze ritenuti inappropriati, e simili. Il grado di “egodistonia”, cioè di quanto il soggetto riconosca questi pensieri come estranei, non voluti e criticabili, è variabile. Nei casi più gravi il vissuto che la persona ha di questi pensieri è infatti talmente intenso da avvicinarlo alle situazioni deliranti e allucinatorie.
In risposta a questi pensieri la persona mette in atto una serie di rituali “magici”, contare, recitare filastrocche o successioni di parole, muovere oggetti in modo ripetitivo e sempre uguale, svolgere azioni rigide e ripetitive, lavarsi ripetutamente, a volte – nelle situazioni più gravi – coinvolgendo le persone di famiglia che vengono obbligate a “stare al gioco”. Queste azioni hanno lo scopo di tentare di tenere sotto controllo e neutralizzare l’angoscia legata alle ossessioni. Spesso l’attività compulsiva risulta sfiancante, perché il soggetto ha il dubbio di non aver eseguito il suo rituale in modo perfetto e che quindi il controllo sui temuti effetti delle sue ossessioni non sarà adeguato. Dunque deve ricominciare il rituale da capo, anche infinite volte, fino al punto di rimanere paralizzato in un cerchio di azioni inconcludenti che possono compromettere la vita normale. Il “dubbio ossessivo” ha questa qualità paralizzante. Il soggetto non è mai sicuro di nulla, perché non è mai sicuro di avere tenuto a bada i propri pensieri e gli effetti che teme che questi pensieri “magicamente” abbiano.
“Quasi sempre un supporto di tipo farmacologico è indispensabile, per rendere meno paralizzante il cerchio ossessioni-compulsioni. A questo però occorre affiancare una psicoterapia. Nonostante le linee guida indichino la terapia di indirizzo cognitivo-comportamentale (e le sue derivazioni) come psicoterapia principale, è mia esperienza che anche la psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico, se opportunamente integrata con i farmaci, può essere molto efficace” dichiara il Dott. Francesco Bisagni. “Ho anche verificato come il DOC debba essere curato in quanto disturbo del pensiero ma anche nelle sue connessioni con la depressione. Un importante elemento di depressione è presente in misura variabile in tutte le persone affette da DOC, e questo può adeguatamente essere affrontato in una psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico, intanto che i farmaci smorzano le punte più disturbanti ei sintomi”, conclude il Dott. Bisagni.
Certamente il DOC, soprattutto nelle forme più gravi, tende ad essere recidivante nel tempo e a volte una guarigione completa è difficile da ottenere. Tuttavia una terapia farmacologica adeguata ed un lavoro psicoanalitico intenso e approfondito possono marcatamente aiutare il paziente e diminuire di molto i sintomi e a raggiungere uno standard di vita normale. Questo è cruciale negli adolescenti e giovani adulti, per far loro riprendere il normale corso della loro vita.
A volte il paziente affetto da DOC – nelle forme meno gravi – tende a nascondere i propri sintomi e quindi è importante che chi gli sta intorno impari a riconoscere cosa sta avvenendo e incoraggiare con decisione l’inizio di una cura. Nelle forme più gravi, quando i familiari vengono imprigionati nei meccanismi compulsivi del soggetto, è importante che trovino la forza di far iniziare al malato una cura adeguata. Certamente occorre comprendere che il DOC, lasciato a sé, non solo non guarisce spontaneamente, ma tende a diventare sempre più grave col passare del tempo.
“Ho racchiuso tutta la mia esperienza in materia in un libro in lingua inglese dal titolo “Obsessions, the twisted cruelty” pubblicato da Karnac Books nel 2017. (ISBN-13: 978-1-78220-530-2)*. Il libro tiene conto del punto di vista medico-psichiatrico e di quello psicoanalitico di derivazione Junghiana e Bioniana, secondo quella che è stata la mia formazione, e descrive attraverso il materiale clinico il mio approccio di integrazione di diversi modelli. A parte la lingua inglese, che può rendere il libro di difficile accesso al lettore italiano, il testo è certamente scritto per addetti ai lavori. Tuttavia, oltre alla presa in cura di pazienti, metto a disposizione delle famiglie e degli operatori scolastici e sanitari la mia esperienza con consulenze e supporto sia individuale che di gruppo, traducendo così quello che è contenuto nel libro in una pratica attiva e a disposizione di tutti”, dichiara il Dott. Francesco Bisagni.
Stefania Bortolotti