Depressi per colpa della crisi? Non solo. Gli italiani vorrebbero mettersi le mani nei capelli: c’è la crisi, la disoccupazione, la deflazione e il calo dei consumi eppure, ironia della sorte, anche i capelli scarseggiano. Colpa dello stress e delle preoccupazione, oltre alle note cause genetiche e ormonali che rendono le chiome dei connazionali sempre meno folte. La perdita dei capelli nelle sue varie forme interessa infatti circa il 50% degli uomini e il 15% delle donne nel corso della vita.
Esiste anche una correlazione inversa, indagata da un recente studio di cui hanno discusso gli esperti della Società Italiana di Chirurgia della Calvizie: i soggetti con alopecia (sia areata che androgenetica) sono psicologicamente più fragili e mostrano i segni di ansia e depressione in misura maggiore rispetto alla popolazione con una chioma folta.
“Lo potremmo definire ‘effetto Sansone’” spiega il Professor Pietro Lorenzetti, Incoming President della Società: “e funziona come un serpente che si morde la coda, lo stress aumenta il livello di alcuni ormoni nel sangue che danneggiano il follicolo pilifero e quando i capelli cadono, l’immagine riflessa nello specchio ha un impatto negativo nella percezione del soggetto. Una interessante ricerca pubblicata nel 2014 sull’Indian Journal of Dermatology ha rilevato come il disagio rispetto all’aspetto fisico nei soggetti con alopecia influenza negativamente l’umore aumentando la depressione del 38% e l’ansia del 62% rispetto al gruppo di controllo. E gli aspetti psicologici della calvizie erano stati confermati anche da una ricerca italiana del 2013 apparsa sul Journal of Clinical Dermatology su 351 pazienti che ha mostrato come la perdita dei capelli è meno accettata dal sesso femminile che reagisce con una probabilità 4 volte superiore di avere segni depressivi, rabbia e preoccupazione. Chi perde i capelli sviluppa un disturbo nell’immagine di sé, bassa autostima e sofferenza che devono essere prese in considerazione.
L’approccio alla calvizie non può essere limitato alla discussione delle caratteristiche di un intervento chirurgico ma valutare le aspettative del paziente, discutere le probabilità di successo e comprendere e il livello di stress del soggetto che insieme a tratti di ansia può determinare l’insoddisfazione rispetto ai risultati.
Al momento la soluzione più efficace e definitiva alla calvizie severa è l’autotrapianto che si esegue con due tecniche: la FUE e la FUT e che in alcuni casi possono essere combinate tra loro.
Per FUE (Follicular Unit Extraction) si intende l’estrazione di singole unità follicolari mediante l’utilizzo di un bisturi circolare del diametro di circa 1 mm. Ogni follicolo viene trattato e poi innestato nella zona ricevente. La tecnica FUT (Follicolar Unit Transplantation) invece è una tecnica di autotrapianto di capelli che consiste nel prelievo di una striscia di cuoio capelluto (chiamata ‘strip’) di circa 1 mm di altezza dall’area donatrice. I lembi della striscia vengono poi suturati tra loro e la cicatrice diventa invisibile sotto ai capelli. Da questa striscia vengono estratte le unità follicolari. La scelta di una o l’altra tecnica dipende dal tipo di calvizie, dalle sue cause, dal tipo di capello e molte altre valutazioni da fare in sede di consultazione. La maggior parte dei capelli trapiantati è destinata a cadere nelle sei settimane successive, un fenomeno normale. I nuovi capelli, sani e forti, cresceranno nelle settimane successive al ritmo di 0.50-1 cm al mese”.
L’autotrapianto è una tecnica che si può adottare, con ottimi risultati, anche per la ricostruzione delle sopracciglia, di zone di alopecia traumatica (come ad esempio quelle originate da una ustione, ricostruzioni di regioni della barba e, anche se